Pratiche Bioenergetiche
(dare forma all’intenzione)
Suzao Yixiang
Definizione: le pratiche bioenergetiche sono una sintesi delle diverse discipline psicocorporee
orientali come il Qigong, il Tai Chi Chuan, l’ Yi Quan, ecc.
Lo scopo principale non è quello
di creare una nuova disciplina del benessere ma arrivare al benessere senza disciplina, ovvero senza dover
necessariamente imparare meccanicamente gesti complicati, lunghe sequenze di
movimenti e visioni della vita che niente hanno a che fare con la soggettività
del praticante.
Le pratiche bioenergetiche sono
un vero e proprio percorso di autoformazione,
ovvero un cammino tras/formativo che
mette al centro il soggetto e la propria intenzionalità a scoprirsi e
(eventualmente) a modificare il proprio modo di sentire, di percepire la
realtà, di entrare in contatto con il
corpo, il respiro, aumentando il potenziale energetico e creativo. Si
arriva a sperimentare l’unità psicofisica e a riscoprirsi nella propria unicità
attraverso il movimento che, guidato dall’intenzione, diviene gesto, ovvero
espressione creativa del sé e del proprio modo di essere-nel-mondo.
Il gesto intenzionale che si fa espressione autentica del sé, diviene
la manifestazione più evidente del
lavoro bioenergetico, inteso come accumulo/flusso/scarica del potenziale
energetico accumulato attraverso il respiro, la visualizzazione e la
concentrazione/meditazione.
Potremmo definire quindi questa
pratica come una disciplina bioeducativa della sintesi mente/corpo, che nasce
dall’incontro/dialogo tra le arti marziali interne e le discipline
bioenergetiche orientali; ne deriva un sistema
rigenerativo dell’uomo inteso come processo di
autoformazione/trasformazione che consente di riappropriarsi delle strutture
esistenziali più profonde in modo da riscoprirsi progressivamente nella propria
unicità.
Partiamo dal presupposto che ogni
individuo abbia una storia corporea
personale ed una grammatica gestuale che è unica ed irripetibile, in quanto
unico ed irripetibile è il proprio modo di sentire e di esperire.
Le pratiche bioenergetiche forniscono gli strumenti per imparare a
leggere il racconto personale di ciascuno attraverso il gesto, in modo da
amplificare il potenziale comunicativo ed espressivo.
L’obiettivo è quello di
sviluppare le potenzialità corporee-sensoriali, educando il movimento a
divenire gesto intenzionale, infatti,
alla base del gesto stesso vi è un’energia che lo anima, la quale, se
opportunamente nutrita e sollecitata, contribuisce alla sintesi del mondo interno
con quello esterno, fornendo il cemento per la costruzione della personale
comunicazione corporea/espressiva.
La disciplina proposta aiuta a
comprendere i personali meccanismi comunicativi/espressivi attraverso il rilassamento progressivo, il gesto
intenzionale, l’ esercizio della respirazione
e la globalità gestuale.
Da questa globalità gestuale è possibile rinvenire l’originale diversità
soggettiva attraverso la scoperta delle più intime capacità comunicative ed
espressive.
Dalla consapevolezza del proprio
tempo/spazio interiore si arriva progressivamente a percepire la propria
energia creativa, frutto dell’incontro/intersezione fra il piano mentale,
emotivo e corporeo/espressivo.
La sintesi mente/corpo è intesa
come processo auto educativo il cui obiettivo è quello di ricavare la trasformazione
personale da un puntuale lavoro interiore e fisico allo stesso tempo. Insomma,
ognuno deve trovare la propria forma definendo e progettando il tempo/spazio
che vuole arrivare ad abitare.
Gli strumenti per realizzare
questo progetto, sono ricavabili dalla didattica proposta, infatti, dopo un
periodo di condizionamento psicofisico (estremamente leggero, basate
essenzialmente sull’osservazione e la riproduzione di precise posture), il
praticante avrà modo di decondizionarsi (decostruzione) in modo originale e
creativo, così da arrivare a costruire ed abitare la propria forma espressiva.
La personale rielaborazione del
programma didattico proposto, dà vita al gesto intenzionale e creativo, capace
di trasformare se stessi e il proprio sentire, arrivando ad abitare l’autentica
soggettività espressiva.
Donare senso al gesto
intenzionale significa caricare emozionalmente l’atto che dà forma e contenuto
alla tras/formazione del proprio sé.
Attribuendo forma e contenuto al
gesto intenzionale si dona valore espressivo
all’atto manifesto e infatti, creare
valore è una delle mete fondamentali di questo percorso.
Attraverso la libera espressione
di sé, il praticante crea valore, ovvero, dona forza e carica vitale al proprio
fare; ora, poiché ogni gesto intenzionale è frutto di una profonda risonanza
interiore, ne deriva che, attribuire valore al gesto significa
auto/valorizzarsi e quindi dare un’impronta di forza (dettata dalla carica
emozionale) a tutto l’essere in sé.
Nel dare valore al gesto l’uomo
si riscopre nella propria autovalorizazzione in quanto essere in divenire
(trasformazione continua del sé) e in quanto donatore di senso del proprio
mondo e di quello altrui.
Solo dalla valorizzazione di sé
attraverso il gesto intenzionale, frutto della ri-scoperta unione
mente/corpo/atto, l’uomo dona senso e significato alla costruzione del proprio
mondo, ossia emancipa se stesso ristrutturando in modo più funzionale la
visione della realtà vissuta e progettata.
Il fondamento della pratica,
l’ideale che anima tutta la didattica, è il concetto di emancipazione dell’uomo, ovvero il personale cammino auto educativo
in grado di tras/formare in senso evolutivo la soggettiva umanità.
Cosa non sono le pratiche bioenergetiche:
1)
una forma di ginnastica
2) una
nuova disciplina orientale
3) un
modo nuovo e diverso di meditare.
I sì e i no
delle pratiche bioenergetiche
1) no all’apprendimento di movenze meccaniche
rigidamente prestabilite;
2) sì
all’espressione del gesto, frutto del proprio modo di sentire ( non c’è la
ricerca ossessiva della movimento e della postura perfetta). Il gesto sbagliato
è quello che si fa semplice movimento, ovvero azione senza intenzione,
conseguenza della semplice imitazione.
3) no al fare
senza sentire, alla fisicità senza consapevolezza, al mentalizzare senza
esprimerSi con e attraverso il corpo, al fare perché ci è chiesto, al capire
senza comprendere (senza cioè partecipazione emotiva).
4) sì al
parlare attraverso il corpo, al manifestare il proprio esserCi qui ed ora,
all’autoaffermazione attraverso la sinergia corpo/mente, alla ricerca della
propria autenticità.
Parole chiave
delle pratiche bioenergetiche[1]
. emancipazione dalla propria condizione
iniziale con il fine di autenticare se stessi, donando senso alla ricerca di sé
e del proprio essere nel mondo in modo da ri-comprendersi all’interno di una
cornice auto-formativa più ampia.
. educarSi
al fine di non perdere la propria forma originaria, ovvero evitare di de-formarsi, rischiando di perdere l’
autenticità più profonda.
. Scienza
dell’esplorazione profonda
condotta dal soggetto nella propria soggettività, autointerrogando il
pensiero e il poprio sentirSi nel corpo.
. Pratica
formativa nel senso che è un metodo operativo che ha come oggetto la cura
del soggetto che vive una possibile situazione di malessere formativo, inteso come sofferenza interiore e disagio
esistenziale.
. l’obiettivo delle pratiche
bioenergetiche è quello di evitare le deformazioni
(esogene, ovverosia esterne al soggetto ed endogene, cioè interne, che si
manifestano durante il processo di crescita dell’uomo) e quindi la perdita dell’armonia propria dell’uomo, ivi compresa
il senso di indeterminatezza (le pratiche bioenergetiche mirano appunto alla
ricerca dell’unità e dell’integrità psicofisica attraverso il gesto spontaneo e
la respirazione). In questa prospettiva, la deformazione è concepita come
mal-essere che impedisce al soggetto una armonica ed equilibrata formazione di
se stesso. Le pratiche bioenergetiche si
pongono come possibile rimedio al senso
di estraneità che il soggetto prova verso il proprio essere.
. Essenza: coincide con l’avventura
formativa intesa come viaggio verso la scoperta del sé e della sua espressione più autentica.
. Autenticità: ciò che con la pratica
andiamo a ricercare ed esprimere.
Fondamento: è l’autentico che si
rinviene durante il percorso formativo soggettivo.
. Stenìa: energia vitale, intesa come
forza e vigore che andiamo con la pratica a far germogliare affinché possa
fluire nel corpo e servire da carburante per consentire che il viaggio
trasformativo abbia inizio.
. Crisi dell’essere: progressivo
acutizzarsi della condizione di deformazione soggettiva, fino al punto di smarrire il baricentro esistenziale del
proprio essere formativo, responsabile dello stato di vuoto interiore e di assenza
di vitalità. La pratica bioenergetica interviene sui processi e nei percorsi di
deformazione dell’uomo, attivando un delicato riequilibrio delle forze interne
sia attraverso la donazione di senso del
gesto, sia attraverso il proprio ri-affermarsi nel mondo. L’obiettivo è quello
di definirsi e differenziarsi, in modo da
evitare la spersonalizzazione, ovvero la perdita delle personali
caratteristiche distintive e poter dar vita, finalmente, alla personale significazione esistenziale.
Comprensione: rappresenta si l’ armonia tra sentire e capire, ovvero l’alchimia interiore
capace di far maturare il processo formativo, sia il luogo in cui è possibile andare ad indagare per rinvenire
le tracce del proprio deformarsi.
Decostruire: processo che viene utilizzato
con duplice valenza.
1)
decostruzione delle discipline psicocorporee: per arrivare alla messa a punto delle
pratiche bioenergetiche è stato messo in pratica il principio dello scultore
Michelangelo Buonarroti, il quale affermava: “la scultura si fa” per via di levare “ e non
”per via di porre”, come accade, invece, per la pittura, per la modellazione
dell’argilla e per le statue bronzee. Lo scultore elimina la materia che
nasconde la forma, essendo quest’ultima già idealmente presente nel marmo: egli
ha il compito di rivelarla, attraverso un lavoro manuale che è, al tempo
stesso, un processo dell’intelletto e dello spirito. L’idea è preesistente
all’atto creativo; all’artista spetta il compito di renderla visibile. Per
questo motivo, la sua opera trova alta
espressione nel “non finito”: Michelangelo scolpisce il blocco girandogli
intorno, insistendo su alcune parti fino ad esternarne la forma finita e
lasciandone altre scabre, se non del tutto inglobate nel marmo. Non è possibile
conoscere del tutto la forma che si sforza di liberarsi dal marmo; il “non
finito”, infatti, contiene in sé infinite possibilità di sviluppo della forma[2].
In pratica si
è trattato di distillare le discipline psicocorporee passate al vaglio, al fine
di eliminare i tratti non essenziali, gli appesantimenti, le decorazioni
formali come: le movenze articolate, le applicazioni marziali, gli stilismi,
l’eccessiva fisicità, i movimenti complicati e le spiegazioni (ognuno deve
andare alla ricerca del proprio significato personale, non assumerne uno già
confezionato, altrimenti non si fa altro che alimentare l’inautentico, ovvero
quella forma della deformazione della quale vogliamo assolutamente sbarazzarci)
sia tecniche che filosofiche.
Dalla
distillazione rimane l’essenziale, ovvero i princìpi guida comuni a tutte le
discipline psicocorporee orientali e che, una volta acquisiti, possono essere
utilizzati per trasformare l’azione in gesto, ovvero per caratterizzare in modo
pieno e significante l’agire che si fa, finalmente, espressione personale.
2)
Decostruzione come processo tras/formativo: con
le discipline bioenergetiche il soggetto coglie i plessi nascosti della propria
singolarità, mettendoli a nudo, scomponendoli e ricomponendoli secondo il nuovo
progetto formativo in atto. Ciò che emerge sono i bisogni inespressi,
impliciti, enigmatici, inconsci, che vanno ad interagire con il percorso
formativo e che servono da motore propulsivo per riscoprire, non solo la
formazione originaria del soggetto (struttura identitaria) ma anche per attivare
ulteriori forme della formazione (trasformazione della formazione originaria).
Colmare il vuoto: significa che il
praticante prende coscienza, non solo
dei conflitti che portano a deformare la sua autenticità, ma anche della
possibilità di garantire una presenza di sé a se stesso in quanto centro
prioritario dell’intero processo formativo.
Donare forma all’informe: attraverso l’esercizio, il soggetto arriva gradualmente a percepire i nodi della
propria de/formazione e può così riconquistare il significato del suo essere
individuo, riguadagnando la coscienza
del proprio essere formativo.
Resilienza formativa: con le tecniche
gestuali si vuole arrivare anche ad irrobustire e potenziare la capacità di
resistere agli urti della vita, alle paure, alle pressioni sociali e a tutto
ciò che può, in qualche modo, deformare la propria unicità, portando effetti
disarmanti in termini di disarmonia, disequilibrio e distonia.
Deformazione: uno degli obiettivi delle
pratiche bioenergetiche è quello di individuare e dissolvere ogni forma di
alterazione, causa principale dell’allontanamento dalla forma originaria e
autenticante della formazione soggettiva,
impedendo ogni possibile trasformazione. Le pratiche bioenergetiche aiutano
il praticante a riappropriarsi della sua formazione originaria, intraprendendo
un cammino formativo che proceda in direzione opposta a quella dettata dalla
de-formazine e dalla dis-educazione. Insomma, per deformazione si intende tutto
ciò che impedisce al soggetto di formarsi nell’armonia di se stesso, portando
allo smarrimento dell’originarietà e conducendo alla nientificazione
trasformativa, ovvero al soffocamento dell’impulso formativo, causa principale
del mal-essere esistenziale.
Obiettivi fondamentali:
tradurre la
deformazione in formazione, la distonia in sintonia, la disarmonia in armonia,
il disequilibrio in equilibrio, i malesseri che de-formano (sofferenza,
fragilità, senso del limite, vuoto…), in benessere che tras-forma, attraverso
un percorso che conduca all’indagine
intima della struttura formativa di se stessi.
Il praticante
impara a percepire se stesso a partire
dal suo “sentire” più intimo e ad interrogarSi circa la propria condizione; con
il domandarsi si decostruisce e con la pratica, associata al sentire, impara a darsi
una nuova forma, ovvero a tras-formarsi in maniera autonoma e consapevole.
Annichilimento dell’originarietà vs
Recupero della personale archeologia formativa.
Educazione gestuale[3]: siccome il gesto
è la materia prima dello psichismo che consiste nello stato di tensione che precede l’azione, possiamo dire che lo
stato di tensione è l’emozione stessa
che sta per esprimersi nel gesto. EducarSi al gesto significa prendere coscienza
di sé, strutturare ed integrare il sé, favorire l’espressione di sé. Dalla
sintesi di questi tre aspetti emerge chiaramente come il gesto intenzionale,
emozionalmente carico, rappresenti la via regia dell’espressione e della
comunicazione della propria autenticità,
divenendo un vero e proprio linguaggio, ovvero, un atto che mira a modificare
il rapporto con il mondo esterno, oltre a rappresentare anche il mediatore fra
il soggetto, l’oggetto e l’altro da sé.
Princìpi teorici guida:
1) La consapevolezza che gli ingredienti
necessari per far avvenire la trasformazione alchemica sono già tutti presenti nell’uomo ma scissi e
nascosti nelle falde della deformazione soggettiva.
2) Il respiro, inteso come la forma di
energizzazione fondamentale necessaria affinché la reazione alchemica possa
avvenire.
3) La visualizzazione/meditazione statica
e dinamica rappresentano il movente necessario affinchè il corpo possa agire
intenzionalmente per dare forma al vissuto psichico in maniera creativa ed
originale (autenticità).
Princìpi
pratici guida:
1) radicarsi per essere presenti a se
stessi e al mondo
2) sollevare per allontanare le
oppressioni del cielo (ciò che sta sopra, che schiaccia, di ciò che opprime,
ovvero l’assillo dei pensieri)
3) spingere avanti dietro e lateralmente
per allontanare la presenza asfissiante degli altri, che portano alla
spersonalizzazione e a rendere più labili i confini del sé. Allontanarli
significa ribadire i confini personali e definirsi in modo più marcato.
4) Tirare a sé per inglobare, prendere,
assumere nuove prospettive
5) abbassare/schiacciare: portare in basso
ciò che sta in alto, ovvero dare al desiderio/pensiero una forma concreta
(afferrare/lasciare).
6) Aprire: dare la possibilità di
accogliere per rinnovarsi e migliorare
7)Chiudere: momentanea fase di
autoripiegamento e raccoglimento per darsi il tempo di digerire ciò che è stato
accolto in seno.
8) Torcere/avvitare per accogliere e poi
rilasciare (prendere per poi donare).
9) Avanzare/retrocedere
- spostarsi lateralmente.
Come è ben
evidente, il lavoro è stato sia di smembramento e di filtraggio, sia di
sintesi, ovvero ad ogni principio pratico ricavato per “via del togliere”
(analisi), è stato associato successivamente un preciso correlato psicologico
(sintesi).
L’azione, animata dall’intenzione psichica,
prende forma con l’espressione corporea e diventa così manifestazione del
soggetto e del suo essere Unico nel mondo.
A cosa serve
Essendo
fondamentalmente una disciplina globale del rilassamento e del potenziamento
interiore, possiamo definire questa attività come una pratica meditativa sia statica che dinamica, che si svolge
attraverso una educazione gestuale atta a sintonizzare
la mente con il corpo e ad alleviare
la fatica fisica e mentale, riducendo le tensioni ed il carico di stress.
Diviso in 5
momenti pratici distinti, è possibile favorire gradualmente l’equilibrio
interiore, predisponendo alla gioia e all’entusiasmo mediante l’azione positiva
del respiro e dell’immaginazione guidata, a livello psichico, energetico ed
emozionale.
Lo sviluppo progressivo dell’energia vitale
ed il recupero del sorriso interiore,
consentono di attuare una vera e propria autodisciplina
del corpo e della mente allo scopo di attivare la trasformazione
psicofisica desiderata. Definita come disciplina dell’evoluzione umana e della sintesi mente/corpo, ovviamente
l’obiettivo finale è quello di favorire l’aumento delle potenzialità
bioenergetiche soggettive e della loro espressione autentica attraverso il
gesto, in modo da consentire una maggiore autoconsapevolezza ed un rilassamento progressivo del corpo e
della mente.
In quanto disciplina della forma e dell’intenzione,
quindi, il lavoro proposto si svilupperà all’interno di una cornice formativa
dove l’autocoscienza intenzionale, l’indagine interiore e l’allenamento
meditativo inteso come cura di sé,
rappresentano i cardini principali di tutto il programma.
Cenni generali sulla didattica
Questa disciplina si suddivide in 5 momenti essenziali distinti ma
interdipendenti:
1)
presa di coscienza di sé
2)
affermare se stessi nel mondo
3)
nutrirsi di energia
4)
apprendere la grammatica dei gesti (condizionamento)
5)
esprimersi con libertà attraverso la poesia
dell’energia (decondizionamento) per riscoprire l’autentico.
Le prime 2 fasi si basano
essenzialmente sulla presa di coscienza del proprio respiro, sull’autoascolto,
sulla percezione del corpo nella sua staticità e nelle sue prime vibrazioni gestuali.
La terza fase è essenzialmente dinamica
e rimanda ad una sorta di meditazione immaginativa unita al gesto intenzionale.
La quarta fase è il cuore di tutto il
sistema. Si inizia a condizionarsi per poi decondizionarsi (nella quinta fase)
e riscoprire la libertà del gesto espressivo.
Per
condizionamento si intende la necessità di apprendere la grammatica del
movimento, ovvero le regole dei movimenti che seguono i princìpi fondamentali
precedentemente descritti: sollevare/schiacciare, spingere/tirare, torcere,
aprire/chiudere, alzare/abbassare. Attribuendo ad ogni azione formale un
contenuto psicologico e ideativo preciso, si aiuta a trasformare il movimento in gesto intenzionale.
La quinta fase è di liberazione. Una
volta comprese le regole del proprio linguaggio corporeo il praticante inizia ad esprimere se stesso
attraverso la composizione della poesia
del movimento che è sempre unica ed
irripetibile perché frutto del personalissimo
sentire soggettivo. Tutto questo è possibile grazie alla costruzione del
movimento, utilizzando arbitrariamente
i princìpi sopraelencati.
N.B. Niente vieta di costruire lunghe
sequenza di movimenti, come riportati nella sezione finale del seguente lavoro.
La classe può infatti decidere di sperimentare l’armoniosa onda degli esercizi di lunga vita, con lo scopo di
percepire l’energia di gruppo seguendo l’ordine e la meccanica precisa dei
movimenti riportati dai disegni in fondo alla guida.
Oppure, molto
più semplicemente, è possibile prendere spunto da tali esercizi sezionando ed
adattando le sequenze al proprio modo di esprimersi, anche attraverso la
creazione di esecuzioni più brevi (purché siano rispettate le regole della
grammatica di base).
Una volta
acquisita la grammatica del movimento, comunque, ognuno può decidere di
comporre il “discorso espressivo” corporeo a proprio piacimento; ma sia chiaro:
l’obiettivo finale non è mai quello di apprendere mnemonicamente sequenze di
movimenti codificate da altri ma, al contrario, sperimentare la personale
libertà interpretativa del gesto, al di là di ogni imposizione o sterile
ripetizione di atti gestuali privi di una sincera risonanza interiore.
Le domande da
porre in ogni sezione di lavoro
Il praticante
viene stimolato dalle domande del conduttore, al fine di condurlo gradualmente
all’autointerrogazione, ovvero all’indagine di sé, in modo da consentire quello
scavo archeologico necessario per portare alla luce la propria autenticità più
profonda.
Domandando si
stimola la riflessione e si aiuta a sensibilizzare all’autoascolto.
I piani di
indagine sono essenzialmente quattro: sensazioni corporee, visualizzazioni,
emozioni provate, pensieri.
E’ importante
domandare non solo cosa si sia provato ma anche cosa si pensi di ciò che è
stato esperito, chiedendo se quello che è emerso sia ritenuto importante ed
autentico e se sia necessario chiarirne la natura per poi coltivarlo,
trasformarlo, ecc.
Tutto ciò che
il praticante esperisce deve poter essere, se lo ritiene frutto della propria
sincera visione interiore, alimentato e nutrito in modo da consentire una
progressiva crescita interiore durante tutto il percorso formativo.
Esempi:
Cosa hai sentito durante… (formicolii,
calore, freddo…); a cosa credi sia dovuto? Vorresti provare ad amplificare
questa sensazione? Era piacevole o fastidiosa?
Cosa hai provato mentre…(paura, rabbia…); a
cosa credi sia dovuto? Vorresti provare ad amplificare questa sensazione? Era
piacevole o fastidiosa?
Cosa hai percepito mentre praticavi?
(immagini o suoni); a cosa credi sia dovuto? Vorresti provare ad amplificare
questa percezione? Era piacevole o fastidiosa?
Quali pensieri sono emersi durante
l’attività? a cosa credi siano dovuti? Vorresti provare ad indagare la natura
di questi pensieri? Erano piacevoli o fastidiosi?
Restituzione
. Tenere un registro in cui si riportano le sensazioni
soggettive in modo da effettuare una
discussione di gruppo.
. Provare a rappresentare con i colori
a dita (o con i pennelli) ciò che è stato avvertito/ visualizzato
. Il gruppo può commentare il disegno
fatto dal singolo, esprimendo sensazioni personali.
. L’autore può successivamente
confermare o disconfermare, approfondendo l’analisi dei propri vissuti.