lunedì 7 marzo 2016

Dare forma all'intenzione

Pratiche Bioenergetiche
(dare forma all’intenzione)
Suzao Yixiang

Definizione: le pratiche bioenergetiche sono una sintesi  delle diverse discipline psicocorporee orientali come il Qigong, il Tai Chi Chuan, l’ Yi Quan, ecc.
Lo scopo principale non è quello di creare una nuova disciplina del benessere ma arrivare al benessere senza disciplina, ovvero senza dover necessariamente imparare meccanicamente gesti complicati, lunghe sequenze di movimenti e visioni della vita che niente hanno a che fare con la soggettività del praticante.
Le pratiche bioenergetiche sono un vero e proprio percorso di autoformazione, ovvero un cammino tras/formativo che mette al centro il soggetto e la propria intenzionalità a scoprirsi e (eventualmente) a modificare il proprio modo di sentire, di percepire la realtà, di entrare in contatto con il  corpo, il respiro, aumentando il potenziale energetico e creativo. Si arriva a sperimentare l’unità psicofisica e a riscoprirsi nella propria unicità attraverso il movimento che, guidato dall’intenzione, diviene gesto, ovvero espressione creativa del sé e del proprio modo di essere-nel-mondo.
Il gesto intenzionale che si fa espressione autentica del sé, diviene la manifestazione  più evidente del lavoro bioenergetico, inteso come accumulo/flusso/scarica del potenziale energetico accumulato attraverso il respiro, la visualizzazione e la concentrazione/meditazione.
Potremmo definire quindi questa pratica come una disciplina bioeducativa della sintesi mente/corpo, che nasce dall’incontro/dialogo tra le arti marziali interne e le discipline bioenergetiche orientali; ne deriva un sistema rigenerativo dell’uomo inteso come processo di autoformazione/trasformazione che consente di riappropriarsi delle strutture esistenziali più profonde in modo da riscoprirsi progressivamente nella propria unicità.
Partiamo dal presupposto che ogni individuo abbia una storia corporea personale ed una grammatica gestuale che è unica ed irripetibile, in quanto unico ed irripetibile è il proprio modo di sentire e di esperire.
Le pratiche bioenergetiche  forniscono gli strumenti per imparare a leggere il racconto personale di ciascuno attraverso il gesto, in modo da amplificare il potenziale comunicativo ed espressivo.
L’obiettivo è quello di sviluppare le potenzialità corporee-sensoriali, educando il movimento a divenire gesto  intenzionale, infatti, alla base del gesto stesso vi è un’energia che lo anima, la quale, se opportunamente nutrita e sollecitata, contribuisce alla sintesi del mondo interno con quello esterno, fornendo il cemento per la costruzione della personale comunicazione corporea/espressiva.
La disciplina proposta aiuta a comprendere i personali meccanismi comunicativi/espressivi attraverso  il rilassamento progressivo, il gesto intenzionale, l’ esercizio della respirazione  e la globalità gestuale.
Da questa globalità gestuale è possibile rinvenire l’originale diversità soggettiva attraverso la scoperta delle più intime capacità comunicative ed espressive.
Dalla consapevolezza del proprio tempo/spazio interiore si arriva progressivamente a percepire la propria energia creativa, frutto dell’incontro/intersezione fra il piano mentale, emotivo e corporeo/espressivo.
La sintesi mente/corpo è intesa come processo auto educativo il cui obiettivo è quello di ricavare la trasformazione personale da un puntuale lavoro interiore e fisico allo stesso tempo. Insomma, ognuno deve trovare la propria forma definendo e progettando il tempo/spazio che vuole arrivare ad abitare.
Gli strumenti per realizzare questo progetto, sono ricavabili dalla didattica proposta, infatti, dopo un periodo di condizionamento psicofisico (estremamente leggero, basate essenzialmente sull’osservazione e la riproduzione di precise posture), il praticante avrà modo di decondizionarsi (decostruzione) in modo originale e creativo, così da arrivare a costruire ed abitare la propria forma espressiva.
La personale rielaborazione del programma didattico proposto, dà vita al gesto intenzionale e creativo, capace di trasformare se stessi e il proprio sentire, arrivando ad abitare l’autentica soggettività espressiva.
Donare senso al gesto intenzionale significa caricare emozionalmente l’atto che dà forma e contenuto alla tras/formazione del proprio sé.
Attribuendo forma e contenuto al gesto intenzionale si dona valore espressivo all’atto manifesto e infatti, creare valore è una delle mete fondamentali di questo percorso.
Attraverso la libera espressione di sé, il praticante crea valore, ovvero, dona forza e carica vitale al proprio fare; ora, poiché ogni gesto intenzionale è frutto di una profonda risonanza interiore, ne deriva che, attribuire valore al gesto significa auto/valorizzarsi e quindi dare un’impronta di forza (dettata dalla carica emozionale) a tutto l’essere in sé.
Nel dare valore al gesto l’uomo si riscopre nella propria autovalorizazzione in quanto essere in divenire (trasformazione continua del sé) e in quanto donatore di senso del proprio mondo e di quello altrui.
Solo dalla valorizzazione di sé attraverso il gesto intenzionale, frutto della ri-scoperta unione mente/corpo/atto, l’uomo dona senso e significato alla costruzione del proprio mondo, ossia emancipa se stesso ristrutturando in modo più funzionale la visione della realtà vissuta e progettata.
Il fondamento della pratica, l’ideale che anima tutta la didattica, è il concetto di emancipazione dell’uomo, ovvero il personale cammino auto educativo in grado di tras/formare in senso evolutivo la soggettiva umanità.

Cosa non sono le pratiche bioenergetiche:
1)      una forma di ginnastica
2)      una nuova disciplina orientale
3)      un modo nuovo e diverso di meditare.

I sì e i no delle pratiche bioenergetiche
1) no  all’apprendimento di movenze meccaniche rigidamente prestabilite;
2) sì all’espressione del gesto, frutto del proprio modo di sentire ( non c’è la ricerca ossessiva della movimento e della postura perfetta). Il gesto sbagliato è quello che si fa semplice movimento, ovvero azione senza intenzione, conseguenza della semplice imitazione.  
3) no al fare senza sentire, alla fisicità senza consapevolezza, al mentalizzare senza esprimerSi con e attraverso il corpo, al fare perché ci è chiesto, al capire senza comprendere (senza cioè partecipazione emotiva).
4) sì al parlare attraverso il corpo, al manifestare il proprio esserCi qui ed ora, all’autoaffermazione attraverso la sinergia corpo/mente, alla ricerca della propria autenticità.

Parole chiave delle pratiche bioenergetiche[1] 
. emancipazione dalla propria condizione iniziale con il fine di autenticare se stessi, donando senso alla ricerca di sé e del proprio essere nel mondo in modo da ri-comprendersi all’interno di una cornice auto-formativa più ampia.
. educarSi al fine di non perdere la propria forma originaria, ovvero evitare di de-formarsi, rischiando di perdere l’ autenticità più profonda.
. Scienza dell’esplorazione   profonda condotta dal soggetto nella propria soggettività, autointerrogando il pensiero e il poprio sentirSi nel corpo.
. Pratica formativa nel senso che è un metodo operativo che ha come oggetto la cura del soggetto che vive una possibile situazione di malessere formativo, inteso come sofferenza interiore e disagio esistenziale.
. l’obiettivo delle pratiche bioenergetiche è quello di evitare le deformazioni (esogene, ovverosia esterne al soggetto ed endogene, cioè interne, che si manifestano durante il processo di crescita dell’uomo) e quindi la perdita  dell’armonia propria dell’uomo, ivi compresa il senso di indeterminatezza (le pratiche bioenergetiche mirano appunto alla ricerca dell’unità e dell’integrità psicofisica attraverso il gesto spontaneo e la respirazione). In questa prospettiva, la deformazione è concepita come mal-essere che impedisce al soggetto una armonica ed equilibrata formazione di se stesso.  Le pratiche bioenergetiche si pongono come possibile rimedio al senso di estraneità che il soggetto prova verso il proprio essere.
. Essenza: coincide con l’avventura formativa intesa come viaggio verso la scoperta del sé e della  sua espressione più autentica.
. Autenticità: ciò che con la pratica andiamo a ricercare ed esprimere.
Fondamento: è l’autentico che si rinviene durante il percorso formativo soggettivo.
. Stenìa: energia vitale, intesa come forza e vigore che andiamo con la pratica a far germogliare affinché possa fluire nel corpo e servire da carburante per consentire che il viaggio trasformativo abbia inizio.
. Crisi dell’essere: progressivo acutizzarsi della condizione di deformazione soggettiva, fino al punto di  smarrire il baricentro esistenziale del proprio essere formativo, responsabile dello stato di vuoto interiore e di assenza di vitalità. La pratica bioenergetica interviene sui processi e nei percorsi di deformazione dell’uomo, attivando un delicato riequilibrio delle forze interne sia attraverso la donazione di senso del gesto, sia attraverso il proprio ri-affermarsi nel mondo. L’obiettivo è quello di definirsi e differenziarsi, in modo da  evitare la spersonalizzazione, ovvero la perdita delle personali caratteristiche distintive e poter dar vita, finalmente, alla personale significazione esistenziale.
Comprensione: rappresenta si l’ armonia tra  sentire e capire, ovvero l’alchimia interiore capace di far maturare il processo formativo, sia il luogo in cui  è possibile andare ad indagare per rinvenire le tracce del proprio deformarsi.
Decostruire: processo che viene utilizzato con duplice valenza.
1)      decostruzione delle discipline psicocorporee: per arrivare alla messa a punto delle pratiche bioenergetiche è stato messo in pratica il principio dello scultore Michelangelo Buonarroti, il quale affermava:  “la scultura si fa” per via di levare “ e non ”per via di porre”, come accade, invece, per la pittura, per la modellazione dell’argilla e per le statue bronzee. Lo scultore elimina la materia che nasconde la forma, essendo quest’ultima già idealmente presente nel marmo: egli ha il compito di rivelarla, attraverso un lavoro manuale che è, al tempo stesso, un processo dell’intelletto e dello spirito. L’idea è preesistente all’atto creativo; all’artista spetta il compito di renderla visibile. Per questo motivo, la sua opera trova alta espressione nel “non finito”: Michelangelo scolpisce il blocco girandogli intorno, insistendo su alcune parti fino ad esternarne la forma finita e lasciandone altre scabre, se non del tutto inglobate nel marmo. Non è possibile conoscere del tutto la forma che si sforza di liberarsi dal marmo; il “non finito”, infatti, contiene in sé infinite possibilità di sviluppo della forma[2].
In pratica si è trattato di distillare le discipline psicocorporee passate al vaglio, al fine di eliminare i tratti non essenziali, gli appesantimenti, le decorazioni formali come: le movenze articolate, le applicazioni marziali, gli stilismi, l’eccessiva fisicità, i movimenti complicati e le spiegazioni (ognuno deve andare alla ricerca del proprio significato personale, non assumerne uno già confezionato, altrimenti non si fa altro che alimentare l’inautentico, ovvero quella forma della deformazione della quale vogliamo assolutamente sbarazzarci) sia tecniche che filosofiche.
Dalla distillazione rimane l’essenziale, ovvero i princìpi guida comuni a tutte le discipline psicocorporee orientali e che, una volta acquisiti, possono essere utilizzati per trasformare l’azione in gesto, ovvero per caratterizzare in modo pieno e significante l’agire che si fa, finalmente, espressione personale.

2)      Decostruzione come processo tras/formativo: con le discipline bioenergetiche il soggetto coglie i plessi nascosti della propria singolarità, mettendoli a nudo, scomponendoli e ricomponendoli secondo il nuovo progetto formativo in atto. Ciò che emerge sono i bisogni inespressi, impliciti, enigmatici, inconsci, che vanno ad interagire con il percorso formativo e che servono da motore propulsivo per riscoprire, non solo la formazione originaria del soggetto (struttura identitaria) ma anche per attivare ulteriori forme della formazione (trasformazione della formazione originaria).

Colmare il vuoto: significa che il praticante  prende coscienza, non solo dei conflitti che portano a deformare la sua autenticità, ma anche della possibilità di garantire una presenza di sé a se stesso in quanto centro prioritario dell’intero processo formativo.

Donare forma all’informe:  attraverso l’esercizio, il soggetto  arriva gradualmente a percepire i nodi della propria de/formazione e può così riconquistare il significato del suo essere individuo,  riguadagnando la coscienza del proprio essere formativo.

Resilienza formativa: con le tecniche gestuali si vuole arrivare anche ad irrobustire e potenziare la capacità di resistere agli urti della vita, alle paure, alle pressioni sociali e a tutto ciò che può, in qualche modo, deformare la propria unicità, portando effetti disarmanti in termini di disarmonia, disequilibrio e distonia.   

Deformazione: uno degli obiettivi delle pratiche bioenergetiche è quello di individuare e dissolvere ogni forma di alterazione, causa principale dell’allontanamento dalla forma originaria e autenticante della formazione soggettiva,  impedendo ogni possibile trasformazione. Le pratiche bioenergetiche aiutano il praticante a riappropriarsi della sua formazione originaria, intraprendendo un cammino formativo che proceda in direzione opposta a quella dettata dalla de-formazine e dalla dis-educazione. Insomma, per deformazione si intende tutto ciò che impedisce al soggetto di formarsi nell’armonia di se stesso, portando allo smarrimento dell’originarietà e conducendo alla nientificazione trasformativa, ovvero al soffocamento dell’impulso formativo, causa principale del mal-essere esistenziale.

Obiettivi fondamentali:
tradurre la deformazione in formazione, la distonia in sintonia, la disarmonia in armonia, il disequilibrio in equilibrio, i malesseri che de-formano (sofferenza, fragilità, senso del limite, vuoto…), in benessere che tras-forma, attraverso un percorso che conduca all’indagine  intima della struttura formativa di se stessi.
Il praticante impara a percepire se stesso  a partire dal suo “sentire” più intimo e ad interrogarSi circa la propria condizione; con il domandarsi si decostruisce e con la pratica, associata al sentire, impara a darsi una nuova forma, ovvero a tras-formarsi in maniera autonoma e consapevole. Annichilimento dell’originarietà vs Recupero della personale archeologia formativa.
 Educazione gestuale[3]: siccome il gesto è la materia prima dello psichismo che consiste nello stato di tensione  che precede l’azione, possiamo dire che lo stato di tensione è  l’emozione stessa che sta per esprimersi nel gesto. EducarSi al gesto significa prendere coscienza di sé, strutturare ed integrare il sé, favorire l’espressione di sé. Dalla sintesi di questi tre aspetti emerge chiaramente come il gesto intenzionale, emozionalmente carico, rappresenti la via regia dell’espressione e della comunicazione  della propria autenticità, divenendo un vero e proprio linguaggio, ovvero, un atto che mira a modificare il rapporto con il mondo esterno, oltre a rappresentare anche il mediatore fra il soggetto, l’oggetto e l’altro da sé.


 Princìpi teorici guida:

1) La consapevolezza che gli ingredienti necessari per far avvenire la trasformazione alchemica  sono già tutti presenti nell’uomo ma scissi e nascosti nelle falde della deformazione soggettiva.
2) Il respiro, inteso come la forma di energizzazione fondamentale necessaria affinché la reazione alchemica possa avvenire.
3) La visualizzazione/meditazione statica e dinamica rappresentano il movente necessario affinchè il corpo possa agire intenzionalmente per dare forma al vissuto psichico in maniera creativa ed originale (autenticità).

 Princìpi pratici guida:

1) radicarsi per essere presenti a se stessi e al mondo
2) sollevare per allontanare le oppressioni del cielo (ciò che sta sopra, che schiaccia, di ciò che opprime, ovvero l’assillo dei pensieri)
3) spingere avanti dietro e lateralmente per allontanare la presenza asfissiante degli altri, che portano alla spersonalizzazione e a rendere più labili i confini del sé. Allontanarli significa ribadire i confini personali e definirsi in modo più marcato.
4) Tirare a sé per inglobare, prendere, assumere nuove prospettive
5) abbassare/schiacciare: portare in basso ciò che sta in alto, ovvero dare al desiderio/pensiero una forma concreta (afferrare/lasciare).
6) Aprire: dare la possibilità di accogliere per rinnovarsi e migliorare
7)Chiudere: momentanea fase di autoripiegamento e raccoglimento per darsi il tempo di digerire ciò che è stato accolto in seno.
8) Torcere/avvitare per accogliere e poi rilasciare (prendere per poi donare).
9) Avanzare/retrocedere - spostarsi lateralmente.

Come è ben evidente, il lavoro è stato sia di smembramento e di filtraggio, sia di sintesi, ovvero ad ogni principio pratico ricavato per “via del togliere” (analisi), è stato associato successivamente un preciso correlato psicologico (sintesi).
L’azione, animata dall’intenzione psichica, prende forma con l’espressione corporea e diventa così manifestazione del soggetto e del suo essere Unico nel mondo.

A cosa serve

Essendo fondamentalmente una disciplina globale del rilassamento e del potenziamento interiore, possiamo definire questa attività come una pratica meditativa sia statica che dinamica, che si svolge attraverso una educazione gestuale atta a sintonizzare la mente con il corpo e ad alleviare la fatica fisica e mentale, riducendo le tensioni ed il carico di stress.
Diviso in 5 momenti pratici distinti, è possibile favorire gradualmente l’equilibrio interiore, predisponendo alla gioia e all’entusiasmo mediante l’azione positiva del respiro e dell’immaginazione guidata, a livello psichico, energetico ed emozionale.
Lo sviluppo progressivo dell’energia vitale ed il recupero del sorriso interiore, consentono di attuare una vera e propria autodisciplina del corpo e della mente allo scopo di attivare la trasformazione psicofisica desiderata. Definita come disciplina dell’evoluzione umana e della sintesi mente/corpo, ovviamente l’obiettivo finale è quello di favorire l’aumento delle potenzialità bioenergetiche soggettive e della loro espressione autentica attraverso il gesto, in modo da consentire una maggiore autoconsapevolezza ed un rilassamento progressivo del corpo e della mente.
In quanto disciplina della forma e dell’intenzione, quindi, il lavoro proposto si svilupperà all’interno di una cornice formativa dove l’autocoscienza intenzionale, l’indagine interiore e l’allenamento meditativo inteso come cura di sé, rappresentano i cardini principali di tutto il programma.

Cenni generali  sulla didattica

     Questa disciplina si suddivide in 5  momenti essenziali distinti ma interdipendenti:
1)      presa di coscienza di sé
2)      affermare se stessi nel mondo
3)      nutrirsi di energia
4)      apprendere la grammatica dei gesti (condizionamento)
5)      esprimersi con libertà attraverso la poesia dell’energia (decondizionamento) per riscoprire l’autentico.
Le prime 2 fasi si basano essenzialmente sulla presa di coscienza del proprio respiro, sull’autoascolto, sulla percezione del corpo nella sua staticità e nelle sue  prime vibrazioni gestuali.
La terza fase è essenzialmente dinamica e rimanda ad una sorta di meditazione immaginativa unita al gesto intenzionale.
La quarta fase è il cuore di tutto il sistema. Si inizia a condizionarsi per poi decondizionarsi (nella quinta fase) e riscoprire la libertà del gesto espressivo.
Per condizionamento si intende la necessità di apprendere la grammatica del movimento, ovvero le regole dei movimenti che seguono i princìpi fondamentali precedentemente descritti: sollevare/schiacciare, spingere/tirare, torcere, aprire/chiudere, alzare/abbassare. Attribuendo ad ogni azione formale un contenuto psicologico e ideativo preciso, si aiuta a trasformare  il movimento in gesto intenzionale.
La quinta fase è di liberazione. Una volta comprese le regole del proprio linguaggio corporeo  il praticante inizia ad esprimere se stesso attraverso la composizione della poesia del movimento che è sempre  unica ed irripetibile  perché frutto del personalissimo sentire soggettivo. Tutto questo è possibile grazie alla costruzione del movimento, utilizzando  arbitrariamente i  princìpi sopraelencati.

N.B. Niente vieta di costruire lunghe sequenza di movimenti, come riportati nella sezione finale del seguente lavoro. La classe può infatti decidere di sperimentare l’armoniosa onda degli esercizi di lunga vita, con lo scopo di percepire l’energia di gruppo seguendo l’ordine e la meccanica precisa dei movimenti riportati dai disegni in fondo alla guida.
Oppure, molto più semplicemente, è possibile prendere spunto da tali esercizi sezionando ed adattando le sequenze al proprio modo di esprimersi, anche attraverso la creazione di esecuzioni più brevi (purché siano rispettate le regole della grammatica di base).
Una volta acquisita la grammatica del movimento, comunque, ognuno può decidere di comporre il “discorso espressivo” corporeo a proprio piacimento; ma sia chiaro: l’obiettivo finale non è mai quello di apprendere mnemonicamente sequenze di movimenti codificate da altri ma, al contrario, sperimentare la personale libertà interpretativa del gesto, al di là di ogni imposizione o sterile ripetizione di atti gestuali privi di una sincera risonanza interiore.



Le domande da porre in ogni sezione di lavoro

Il praticante viene stimolato dalle domande del conduttore, al fine di condurlo gradualmente all’autointerrogazione, ovvero all’indagine di sé, in modo da consentire quello scavo archeologico necessario per portare alla luce la propria autenticità più profonda.
Domandando si stimola la riflessione e si aiuta a sensibilizzare all’autoascolto.
I piani di indagine sono essenzialmente quattro: sensazioni corporee, visualizzazioni, emozioni provate, pensieri.
E’ importante domandare non solo cosa si sia provato ma anche cosa si pensi di ciò che è stato esperito, chiedendo se quello che è emerso sia ritenuto importante ed autentico e se sia necessario chiarirne la natura per poi coltivarlo, trasformarlo, ecc.
Tutto ciò che il praticante esperisce deve poter essere, se lo ritiene frutto della propria sincera visione interiore, alimentato e nutrito in modo da consentire una progressiva crescita interiore durante tutto il percorso formativo.
Esempi:
Cosa hai sentito durante… (formicolii, calore, freddo…); a cosa credi sia dovuto? Vorresti provare ad amplificare questa sensazione? Era piacevole o fastidiosa?
Cosa hai provato mentre…(paura, rabbia…); a cosa credi sia dovuto? Vorresti provare ad amplificare questa sensazione? Era piacevole o fastidiosa?
Cosa hai percepito mentre praticavi? (immagini o suoni); a cosa credi sia dovuto? Vorresti provare ad amplificare questa percezione? Era piacevole o fastidiosa?
Quali pensieri sono emersi durante l’attività? a cosa credi siano dovuti? Vorresti provare ad indagare la natura di questi pensieri? Erano piacevoli o fastidiosi?

Restituzione

. Tenere un registro  in cui si riportano le sensazioni soggettive  in modo da effettuare una discussione di gruppo.
. Provare a rappresentare con i colori a dita (o con i pennelli) ciò che è stato avvertito/ visualizzato
. Il gruppo può commentare il disegno fatto dal singolo, esprimendo sensazioni personali.
. L’autore può successivamente confermare o disconfermare, approfondendo l’analisi dei propri vissuti.



[1] Per la stesura di questo paragrafo, è stato fatto ampio riferimento al testo di Sola G., Introduzione alla Pedagogia Clinica, Il Melangolo, 2008, Recco (Ge), pp. 15 e ss.
[2] Cfr. www.iisforlimpopoli.it/artusij/area.../398-11-michelangelo-buonarroti1
[3] Orlic : L., L’educazione Gestuale, Armando, Roma, 1970,  pp.10 e ss.

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