mercoledì 5 agosto 2015

Percorsi di Bioenergetica Orientale
Qi gong e Tai Chi Chuan come strumenti formativi

La bioenergetica è una tecnica psicocorporea ideata da Alexander Lowen (Lowen A., Bioenergetica, Feltrinelli, 2004)  che consente all ‘individuo di tornare ad essere con il proprio corpo, a vivere quest’ultimo nella sua integrità, riscoprendo la naturale unità psicofisica.
La bioenergetica ha quindi un’ origine occidentale, ma è in oriente che da secoli si tramandano metodi e tecniche corporee basate sulla ricerca dell’equilibrio e del benessere. Molti esercizi, come quello del radicamento, tipico degli esercizi ideati da Lowen, li ritroviamo ad esempio nella pratica del Qigong o in alcuni passaggi delle forme di Tai Chi Chuan.
Le discipline psicocorporee di natura orientale e non, hanno nel proprio fondamento costitutivo, la comune idea pedagogica di crescita e maturazione del praticante.
Discipline come il Tai Chi Chuan o il Qi gong ( Cen Yuefang,  I fondamenti del Qigong, Astrolabio, Roma, 2001) , prima di definirsi come mezzi terapeutici e di prevenzione, si determinano come metodi generati da una profonda riflessione pedagogica, capaci di definire i mezzi educativi, come i gesti e le tecniche di respirazione, al fine di raggiungere specifici obiettivi valutabili in termini di apprendimento, benessere  e abilità.
Una buona didattica si basa sull’idea fondamentale che, al centro del processo formativo, deve esserci il soggetto con le sue specificità, le sue problematiche e il suo singolare modo di essere.
Lo stesso vale per le discipline bioenergetiche, nel senso che, continuare a concepirle nella loro ortodossia, senza rispettare i ritmi di maturazione e di apprendimento dell’individuo, non porta al praticante nessun tipo di vantaggio.
Oggi a tutte le discipline sono richieste l’attitudine alla flessibilità, importanti capacità plastiche che consentono alle metodologie di plasmarsi sulle specifiche “misure” psicologiche e fisiche del praticante.
Questo concetto vale anche e soprattutto quando si decide di iniziare i bambini alla pratica delle discipline bioenergetiche orientali.

              Il progetto di “Qi Gong Tai Chi” nella scuola primaria di Montelupo Fiorentino

Il progetto è nato da una considerazione di base fondamentale: i protagonisti dell’attività scolastica sono sempre l’attenzione al docente, l’ascolto della lezione, lo star seduti, l’essere attivi nel rispondere alle richieste.
Le discipline bioenergetiche o psicocorporee, invece, pongono l’enfasi sul corpo e sul suo rilassamento anziché sull’intelletto e la tensione; sul movimento anziché sull’immobilità, l’attenzione alle proprie dinamiche interiori, invece che ai suoni esterni.
In pratica si è sentita l’esigenza di dare importanza al corpo, alla gestualità espressiva, al rilassamento psicofisico e alla capacità collaborativa dei membri gruppo classe nella realizzazione di un progetto comune.
Il progetto, coordinato dalla Maestra Laura Salvadori, è stato condotto dal Pedagogista e maestro di sostegno Andrea Guerrini, già istruttore CSEN in discipline bioenergetiche orientali (Qi Gong e Tai Chi), con l’obiettivo, tra l’altro, di favorire la partecipazione e l’inclusione nel gruppo di lavoro, di un bambino compromesso da un punto di vista linguistico e relazionale.
In sintesi abbiamo cercato di far parlare il corpo, in modo che anche i bambini “speciali” potessero trovare il modo di entrare in sintonia con gli altri, attraverso il suono del gesto anziché della parola.
La classe con la quale abbiamo dato vita al lavoro era una quinta; i bambini sono stati suddivisi in gruppi di sei, in modo da gestire meglio la situazione e assicurarsi che tutti avessero capito di cosa si trattasse il progetto.
Già dai primi incontri abbiamo capito che l’argomento non era così semplice da capire ed interiorizzare; chiedere di stare sdraiati e di ascoltarSi, prestare attenzione ai suoni in lontananza, provare a tenere gli occhi chiusi e rilasciare le tensioni muscolari, immaginare colori e situazioni piacevoli, sembrava un’ardua richiesta.
I bambini tendevano a rimanere con gli occhi aperti, attenti e vigili, pronti sempre a domandare: cosa dobbiamo fare?
Ci siamo resi conto che l’impianto scolastico tende a valorizzare molto le risorse cognitive degli alunni (linguaggio, memoria, attenzione, ecc.), ma molto poco viene fatto a livello di coinvolgimento emotivo, di rilassamento psicocorporeo, di autoascolto e verbalizzazione dei vissuti o di libera espressione del sé.
Questo progetto ha aiutato i bambini a capire che la scuola può offrire molto altro, rispetto alle semplici lezioni frontali, consentendo  agli alunni di percepirsi come una unità psicocorperea, un tutto integrato indivisibile fatto di percezioni, emozioni, cognizioni e vissuti, collocabili in una realtà dimensionale che oscilla fra due estremi: il senso di benessere e il senso di malessere.
I bambini hanno potuto, in sintesi, riscoprire la propria soggettività, attraverso gli esercizi di respirazione, le tecniche immaginative e il rilassamento, con successivie verbalizzazione di quanto provato, in termini di sensazioni e percezioni.

Organizzazione del progetto
Il progetto è stato suddiviso in varie sezioni, in modo da facilitare e guidare meglio i bambini nella pratica e far capire, in tempi brevi, le finalità delle diverse tecniche proposte.
Gli incontri sono avvenuti una volta a settimana, per la durata di 1h e ½, in gruppi di sei elementi.
Materiali: ci siamo serviti di materassini, sfere cinesi vibranti, stereo con musica elettronica ambientale analogica.
La scelta, per quanto riguarda la musica, è caduta sull’elettronica di Klaus Schulze, proponendo una cosmic music dalle atmosfere rarefatte, suite della durata di un’ora ciascuna che hanno favorito nei bambini il senso di apertura e di rilascio delle tensioni psicofisiche. 

  Sezione 1) Presentazione del progetto: concetti introduttivi sull’importanza del benessere a scuola, come raggiungere il benessere attraverso il controllo del respiro, il rilassamento guidato e la meditazione.
Come scaricare le tensioni attraverso il gesto, riconoscere le emozioni positive e negative e condividere con gli altri le sensazioni positive generate.

Sezione 2) Rigenerazione in posizione seduta: i bambini sono stati invitati a tenere una postura corretta, stando seduti con le gambe incrociate. Tenendo la schiena dritta, dovevano immaginare un filo che partisse dal centro della testa e li tirasse verso l’alto.
Con gli occhi chiusi, la lingua sul palato e le mani incrociate sotto l’ombelico, dovevano provare a percepire una  sensazione di calore, o di freddo, a seconda del loro stato d’animo.
Il tentativo di percepire un qualcosa a livello sensoriale, è servito anche come strategie per allontanare dalla mente  pensieri di vario tipo, come preoccupazioni o desideri.
Lo scopo era quello di dialogare con il corpo attraverso il tatto; liberando la mente da altri pensieri, i bambini avevano modo di percepirsi, anche attraverso l’improvvisa e personale visualizzazione di colori o di immagini strutturate.
. Sollevare il cielo: una volta aperti gli occhi, i bambini erano invitati inspirando, a sollevare le mani fino all’altezza dello sterno, a visualizzare scene, colori o pensieri positivi e ad espirare, cedendo all’ambiente “le scorie”, ovvero i pensieri negativi.
La fase dell’espirazione coincide con lo stendere le braccia verso l’alto e poi ricongiungere le mani all’altezza dell’ombelico.
L’energie positive sono immaginate come un flusso che dal terreno e dal cielo salgono lungo il corpo fino ad incontrarsi in prossimità dell’ombelico.
Nella fase di espirazione le energie positive si liberano in tutto il corpo e quelle negative vengono spinte fuori dalla bocca e dal gesto di spingere.

. Trasmettere il calore. Stando seduti in cerchio, i bambini ad occhi chiusi con la schiena dritta, poggiavano le mani su quella del compagno ed erano invitati a provare a percepire il calore che fluisce armonicamente in maniera circolare. Una forma di comunicazione importante che consente di donare positività e di riceverla, una forma di condivisione che consente al corpo di dialogare utilizzando il suo specifico linguaggio.

. Torsioni e distensioni: stando seduti, i bambini portavano le mani dietro la testa, inspiravano e si torcevano prima a sinistra e poi a destra.
Ad ogni torsione corrispondeva una successiva fase di rilassamento, in modo da prendere coscienza della dinamica tensione/rilascio, sia a livello fisico che psicologico.

. Reggere la sfera, rotearla, spingerla via e riportarla a sé: sempre con le gambe incrociate, i bambini sono stati invitati ad immaginare una grande sfera di gomma e di abbracciarla. Con dei micromovimenti intermittenti dovevano provare a schiacciarla leggermente e a rilasciare, provando a sentire interiormente la tensione della pressione ma esteriormente manifestare il rilassamento muscolare. Tutta la dinamica si gioca su queste due polarità: tensione interna, rilassamento esterno.  
Con la sfera provavano a spingerla nelle diverse direzioni: sopra, avanti, a destra a sinistra, in basso e a riportare a sé. Gli esercizi, sia seduti che in piedi, seguono i quattro principi fondamentali: spingere, tirare, sollevare e abbassare.

Sezione 3) Esercizi in piedi 

.Dilatare e concentrare l’essenza. 
Immaginando un filo al centro della testa, che viene tirato verso l’alto, i bambini hanno assunto una posizione con la schiena diritta; sono stati invitati a scaricare il peso sulla parte centrale del piede e a serrare la lingua sul palato.
Con le mani in prossimità dell’ombelico, l’esercizio consisteva nell’immaginare un elastico da dilatare verso l’esterno inspirando e a comprimerlo espirando.
La visualizzazione è accompagnata dal pensiero di accogliere positività nella fase di inspirazione e dallo scaricare le tensioni nell’atto di comprimere.

.Allontanare le pressioni.
Facendo un passo avanti, con la gamba avanti leggermente flessa, il bambino è stato invitato ad immaginare che le pareti intorno, iniziassero pian piano ad avanzare e a comprimerlo. Con le mani disposta in prossimità delle spalle, il praticante doveva, in fase di espirazione, allontanare le pareti. La durata del gesto equivaleva alla durata dell’espirazione.

.Camminate nel miele.

I bambini ad occhi chiusi dovevano immaginare che la stanza lentamente si riempisse di miele; una volta invitati a percepire la sensazione tattile della sostanza, ognuno di loro iniziava a camminare facendo lunghi passi, molto lentamente, frenati dalla densità del miele stesso.
Il principio da rispettare era sempre il solito: tensione immaginativa interiore e rilassamento muscolare da manifestare esternamente (morbidezza degli arti e dei movimenti).


.Spingere via il mondo e tirarlo a sé.
      
Il comando era quello di effettuare molto lentamente lunghi passi, con il baricentro abbassato e con la gamba avanzata flessa. Con le braccia i bambini dovevano immaginare di spingere via il mondo facendolo roteare davanti a sé.
La fatica percepita è immensa ma i muscoli dovevano rimanere estremamente rilassati. 
Terminata la camminata in avanti, occorreva eseguire il movimento inverso, procedendo all’indietro e immaginando di tirare a sé, rotolandolo,  il “pesante mondo”.

Sezione 4) Esercizi a coppie
    
Questo tipo di esercizi è stato concepito per imparare a comunicare con il corpo attraverso il gesto e il movimento.

.Polsi appiccicosi

 Stando di fronte, con una gamba avanzata e flessa, una mano viene portata avanti con il polso in contatto con quello del compagno.
Inizia uno di essi a spingere lentamente con la mano avanzata,cercando di andare in traiettoria dello sterno del compagno.
L’altro sente il movimento di spinta, lo accoglie inizialmente, fino a farlo deviare esternamente, a questo punto ruota la mano facendole assumere la posizione idonea a spingere e proietta la mano verso lo sterno del compagno.
Diventa un movimento circolare, di reciproco adattamento, fondato sul sentire il movimento dell’altro, eseguibile anche ad occhi chiusi.
Si può proseguire utilizzando  entrambe le mani per spingere. 

.Contatto all’ infinito: sempre a coppie, con un gamba avanti leggermente flessa, si stabilisce chi è il conduttore del movimento. Con il braccio destro o con il sinistro avanti, si tiene il polso in contatto con quello del compagno e il conduttore, inizia a disegnare in aria, il segno dell’infinito piuttosto ampio. 
Anche in questo caso, è importante che la pratica avvenga ad occhi chiusi in modo da favorire l’attenzione sul movimento e sulla percezione tattile.  

Spingere via il proprio ego: è stato un esercizio a coppie importante perchè il compagno doveva fidarsi dell’altro, infatti, si è trattato per il bambino posto con le spalle di fronte all’altro di fingere di essere privo di vita e di lasciarsi andare all’indietro a peso morto.
L’altro, non solo doveva sostenere il compagno ma, nonostante la fatica, riuscire a spingerlo gradualmente verso la parete opposta della stanza, mettendo fra parentesi il proprio interesse in modo da favorire la salvaguardia del compagno privo di forze.

Sezione 5) Rilassamento sdraiati

. Donare e ricevere 
Prendendo spunto dai principi del Reiki (pratica spirituale usata come forma terapeutica alternativa per il benessere psicofisico, è basata sul poggiare le mani sulla testa o altre parti del corpo della persona davanti, in modo da favorire in questi il passaggio di energie positive e rigeneranti), i bambini sono stati invitati a dividersi in coppie, in modo che uno dei due membri si disponesse sdraiato sul materassino con la faccia rivolta verso l’alto.
Il primo tipo di lavoro consisteva nell’invitare il bambino sdraiato a rilassarsi completamente, provando a sollevargli gambe e braccia in modo da verificare il grado di distensione.
Con l’attenzione rivolta alla musica, al soggetto è stato chiesto di prestare ascolto ai suoni e non ai propri pensieri, favorendo in questo modo anche un certo livello di rilassamento mentale.
L’altro bambino, invece, disponendosi in ginocchio vicino alla testa dell’altro, doveva semplicemente stare in un primo momento seduto ad occhi chiusi con le mani all’altezza dell’ombelico e cercare di percepire il calore nelle mani. Il calore, allo stesso tempo, doveva caricarsi di pensieri positivi, colori caldi ed emozioni piacevoli.
Fatto ciò, il passaggio successivo consisteva nel poggiare le mani sulla fronte del compagno e donargli tutta questa positività generata.
Il bambino sdraiato, a questo punto, immaginava le mani sulla fronte come fossero una sorgente di benessere, un flusso di cariche positive che gradualmente innervavano tutto il corpo fino alle estremità più profonde.
La fronte insomma, rappresentava il cancello attraverso il quale era possibile accettare il contributo energetico positivo dell’altro, un’importante processo di accettazione e di autorigenerazione.
. Sfere vibranti
Sempre divisi a coppie, un bambino sdraiato a pancia in giù e ad occhi chiusi, doveva farsi passare le sfere metalliche sonore lungo tutta la schiena, le gambe e le braccia; questi strumenti si attivano con il movimento, iniziando a vibrare.
Se il corpo è rilassato, il soggetto riesce a percepire la vibrazione nel punto in cui la sfera sfiora la pelle.
Il lavoro del bambino sdraiato consisteva appunto nel riuscire ad amplificare mentalmente l’effetto della vibrazione, immaginando le onde come un flusso che si espande progressivamente in tutto il corpo, arrivando a rimuovere i blocchi muscolari e a rigenerare, in modo positivo, pensieri ed emozioni.      

. In mare aperto
il lavoro viene svolto singolarmente, stando sdraiati a pancia in su, ad occhi chiusi, con l’intento di raggiungere il massimo grado di allentamento delle tensioni muscolari.
L’attenzione è rivolta alla musica, agli echi sonori appositamente elaborati per consentire alla persona di espandere la percezione e di andare, con la mente, oltre i limiti delle mura circostanti.
A questo punto, il conduttore chiedeva ai bambini di immaginarsi sdraiati su una grande zattera in mezzo al mare; era importante percepire il rumore del mare, la brezza e il calore del sole.
Il passo successivo consisteva nell’immaginare la zattera sprofondare, in modo da iniziare ad avvertire il mare sulla pelle, che gradualmente avanza, fino a sommergere il corpo completamente.
L’inspirazione consisteva nella fase di emersione, mentre l’espirazione consisteva a quella di immersione.


Sezione 6) Tensioni addio

Sperimentare il rilassamento non è sufficiente per riuscire a mantenerlo nel tempo.
Le tensioni vanno non solo allentate, ma anche scaricate, proprio come fossero un rifiuto tossico.
Esistono diverse metodologie per liberarsi dei blocchi muscolari e mentali; l’uomo è una totalità organizzata, un’unità biopsichica dove mente e corpo si influenzano vicendevolmente.

. Scarico a terra

Una buona metodologia consiste nello stare in posizione eretta, sollevare gamba destra e braccio destro (e poi viceversa), chiudere la mano posta in alto e poi velocemente scagliare il pugno contro il palmo della mano posto in basso, piegando leggermente le gambe.
Il piede, precedentemente sollevato, sbatte a terra in sincronia il movimento della mano.
Si deve udire un forte colpo unico.
Si inspira e si solleva, si carica l’organismo di pensieri positivi e si scaricano a terra le tensioni, immaginando che si disperdano nel terreno come tanti rigagnoli ramificati.

. Urlo liberatore e palmata.

Davanti ad un sacco riempito di materiale morbido, i bambini individualmente erano invitati, nella fase di inspirazione, a caricare nelle mani tutti i pensieri negativi e le tensioni psicologiche.
Durante questa fase, le mani poggiate inizialmente all’altezza dell’ombelico, devono sollevarsi in sintonia con il ritmo dell’inspirazione; dopodichè, con un rapido passo avanti andare a scaricare con una forte spinta contro il saccone le tensioni immaginate, accompagnando il tutto con un grido liberatore.
L’urlo non deve provenire dalla gola ma nascere dal basso ventre ed immaginare di far scorrere il suono dal basso verso l’alto, fino a diramarsi negli arti superiori e vibrare infine verso l’esterno passando dai palmi delle mani.
Una variante può essere l’uso del bastone di gommapiuma, ricavato dai cilindri colorati usati in piscina come galleggianti, diviso a metà ed usato come mazza da scagliare, nuovamente, contro il saccone appositamente concepito. 


. Dalla tigre all’airone
Lo studio degli animali è sempre stato un argomento centrale nella pratica delle arti marziali cinesi; imitando l’atteggiamento di un animale specifico, il praticante può esprimere aggressività oppure delicatezza, staticità oppure dinamicità, fluidità o schematismo.
Ogni animale ispira il praticante per un certo tipo di allenamento e di atteggiamento mentale; è da questa abilità osservativa e da una grande capacità di sintesi e di intuizione che sono nati stili ancora oggi praticati come la tigre, la gru, il serpente, l’orso, la mantide religiosa, ecc.
Per il nostro progetto abbiamo selezionato gli animali più adatti al nostro scopo, ovvero più adatti a tradursi in termini di tensione/distensione/rilassamento; abbiamo quindi scelto la tigre, per esprimere aggressività, scatto e tenacia; l’orso, per i passi poderosi e la pesantezza dei movimenti; l’airone, per la delicatezza, la leggerezza e le capacità distensive; il serpente, per la fluidità, sinuosità e aderenza al contatto.
  Invitando i bambini ad assumere la posizione della tigre con la mano ad artiglio, abbiamo potuto scaricare l’aggressività con movimenti a vuoto; imitando il movimento delle ali con le braccia è stato possibile identificarsi con l’airone ed esprimere leggerezza e distensione; camminando pesantemente per la stanza scaricando il peso in modo adeguato è stato possibile sperimentare l’atteggiamento dell’orso; stando a contatto con i polsi e le braccia del compagno si è sperimentato il serpente e la sua capacità di adattarsi.

Sezione 7) raccontarSi 
Al termine di ogni sezione è stato possibile verbalizzare ed annotare le esperienze vissute; disposti in cerchio ognuno ha provato ad esprimere le sensazioni provate, anche se non sempre è stato facile dar voce al complesso linguaggio delle emozioni ,fatto di colori, immagini del passato, situazioni di vita trascorsa, echi rimossi…
Alcuni elementi importanti sono emersi circa l’importanza nel prendersi cura dell’altro, in particolar modo del bambino problematico che ha accettato volentieri le considerazioni dei compagni e dei loro atteggiamenti.
Il bambino non ha potuto esprimersi a parole ma il fatto stesso di partecipare attivamente alle attività proposte, è stata una grande conquista, indice del successo delle attività e del comportamento di tutti i partecipanti, i quali, hanno saputo coinvolgere e stimolare in modo costruttivo il compagno.  


.dare colore alle emozioni
La fase più complessa e difficile del progetto, è stata la fase di rielaborazione e di restituzione da parte dei bambini del lavoro svolto: è in questa fase che ognuno di loro dove dar voce, attraverso il colore, a quanto hanno vissuto e sperimentato.
Per i bambini, uscire dagli schemi di tipo scolastico non è stato facile; l’impostazione è sempre quella di fare qualcosa seguendo un criterio stabilito a priori e seguire una metodologia specifica.
In questo caso, invece, è l’iniziativa soggettiva ad essere richiesta, la scelta dei colori  il come disporlo sul foglio ed il tutto, seguendo le risonanze emotive estremamente soggettive e fluttuanti.
Il non dare una forma oggettiva, quindi, si è tradotto più in un ostacolo per i bambini che non un vantaggio.
Uscire dagli schemi è sempre un’esperienza non semplice; questo non significa il fare le cose a caso, anzi, nella successiva fase di verbalizzazione, ogni partecipante è chiamato a rispondere a domande ben precise, tipo: perché quel colore? Cosa rappresenta? Perché è stato scelta quella porzione del foglio, cosa significa quella  posizione? Ecc.
La soggettività e l’espressività, quindi, non dovevano mai essere concepite come un fare tanto per fare o un disporre il colore a caso perché ogni fase relativa alla restituzione del progetto andava comunque motivata e spiegata.


.dare voce al gesto
La differenza fra movimento e gesto sta nel fatto che nel secondo caso si ha una precisa intenzionalità; tutto il progetto si è basato sul rendere il movimento un atto intenzionale, o meglio, una serie di atti intenzionati e quindi diretti ad uno scopo, sorretti da una motivazione e da una determinata carica emotiva.
Il gesto, ricco di vissuti e di emozioni, si stacca dalla dimensione cieca del movimento, per riscoprirsi mezzo espressivo, capace di comunicare al pari della voce, interpretando, con l’immobilità, anche il significato del silenzio.
Nuovamente disposti in cerchio, i bambini dovevano scrivere, di getto, tutto ciò che è stato pensato, immaginato e vissuto durante la pratica.
Anche in questo caso la difficoltà stava nell’abbandonare i criteri di formalità, di impostazione tecnica dello scrivere per lasciarsi andare e far emergere il magma delle emozioni che, per loro natura, non seguono le leggi della grammatica e della logica. 


.discussione di gruppo

Al termine di ogni incontro, i bambini disposti a cerchio commentavano le esperienze fatte, mettendo in risalto pensieri ed emozioni, in modo da confrontare i propri punti di vista con quelli degli altri.
Stava ai bambini, a turno, verbalizzare su un apposito registro i commenti e le osservazioni fatte.
  


Considerazioni conclusive
Il progetto di bioenergetica orientale è servito per diversi scopi:
1) Dare risalto al corpo e alle emozioni.
2) Far sperimentare ai bambini che la scuola non è solo un luogo deputato allo sviluppo delle abilità cognitive. L’approccio biopsicosociale, infatti, ha consentito di percepirsi come un’unità integrata dove convivono ed interagiscono funzioni psicologiche, emotive, fisiche, ecc.
3) Per il bambino disabile è stato importante vivere un momento di reale condivisione con gli altri, comunicando realmente attraverso il gesto e le tecniche distensive. Allo stesso tempo, i bambini hanno sperimentato il concetto di “cura”, inteso pedagogicamente come momento di autoascolto e di scambio con gli altri, dove il contributo di ognuno è servito realmente alla crescita del gruppo.










Andrea Guerrini.
 Per contatti e info  guerrini_andrea@hotmail.com

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